Maria Fiore Angori

Maria Fiore Angori
39° ciclo - Tutor Prof.ssa Alessandra Annoni – Prof. David Brunelli

Email: mariafiore.angori@edu.unife.it

Curriculum Vitae

Titolo tesi - "La criminalizzazione degli aiuti umanitari: tra prassi consolidate e prospettive di sviluppo per la tutela dei diritti del migrante"

Abstract - Il fenomeno della “criminalizzazione della solidarietà”, ovverosia della repressione di tutte quelle attività, poste in essere da soggetti pubblici o privati, finalizzate a prestare assistenza umanitaria a rifugiati e migranti, è da tempo al centro del dibattito sociale, politico e accademico, soprattutto alla luce dell’inflessione securitaria registrata nelle politiche migratorie dell’Unione europea e di molti ordinamenti nazionali a seguito degli imponenti arrivi che hanno coinvolto il continente nell’ultimo decennio. Si vedano, nell’ordinamento italiano, i progressivi interventi di modifica e integrazione del Testo Unico sull’Immigrazione, da ultimo con il d.l. 10 marzo 2023, n. 20 (c.d. decreto Cutro, conv. l. n. 50/2023), che, ben lungi dal promuovere canali per gli ingressi regolari, ha al contrario inteso gestire il fenomeno migratorio inasprendo i requisiti per poter accedere legalmente nel nostro Paese nel tentativo di arginare più efficacemente i flussi e di accelerare le conseguenti procedure di espulsione.

In questo contesto non si è mancato di evidenziare come simili politiche non solo continuino a concepire il fenomeno migratorio in maniera del tutto anacronistica, guardando ad esso come ad un evento eccezionale, emergenziale e non come ad un elemento strutturale della società moderna, destinato a consolidarsi nel tempo, ma esse si traducono altresì in meccanismi di marginalizzazione poggianti la propria legittimazione sull’imperativo della sicurezza e sulla necessità di una sua legalizzazione, in netto contrasto con l’impianto garantista e personalista della nostra Costituzione.

Con queste premesse, sono varie le questioni che il progetto dottorale si propone di affrontare. Per un verso, si procederà ad effettuare una ricognizione della complessa normativa – internazionale, europea ed interna – che insiste sulla materia: ciò consentirà di constatare come il ricorso a simili interventi repressivi non dipenda semplicemente da contingenze sociopolitiche, variabili da ordinamento a ordinamento, ma come esso sia addirittura stato “legalizzato” dal legislatore europeo. Il riferimento corre, nello specifico, alla disciplina europea del Facilitators Package, composto dalla direttiva 2002/90/CE e dalla Decisione quadro 2002/946/GAI, le quali impongono una criminalizzazione, mediante sanzioni “aventi natura penale, proporzionate e dissuasive”, di qualsiasi attività di agevolazione all’ingresso o al transito di un cittadino terzo nel territorio di uno Stato membro, lasciando a quest’ultimo la mera facoltà (anziché l’obbligo) di escludere dall’area del penalmente rilevante le sole attività poste in essere per scopi umanitari.

In secondo luogo, verranno esaminati i diversi effetti che l’adozione di simili politiche comporta a seconda che l’intervento statale sia diretto nei confronti del presunto facilitatore ovvero del privato che, con la propria condotta, faciliti l’ingresso proprio e, al contempo, quello altrui. Nel primo caso, soprattutto quando ad intervenire siano attori della società civile che tentano di instaurare un dialogo con le autorità statali, tanto al fine di coordinare l’operazione strettamente di soccorso quanto nel momento successivo quando emerge la necessità di individuare il luogo in cui far avvenire lo sbarco, sembra difettare lo stesso requisito di tipicità della condotta favoreggiatrice dell’ingresso clandestino, stante l’assenza del requisito della clandestinità (art. 12 T.U. Immigrazione).  Inoltre, come a più riprese sostenuto dalla Corte di Giustizia dell’UE, una simile dilatazione dell’intervento punitivo dello Stato è senz’altro idonea a provocare un tangibile effetto di overdeterrence nei confronti di attività socialmente utili, con conseguenti e inevitabili ripercussioni sulla tutela dei diritti fondamentali del migrante.

Operata una simile ricostruzione, la ricerca, il cui contenuto è comunque volutamente ancora aperto al fine di poterlo adattare a nuovi profili ed esigenze che dovessero emergere non solo dalla prassi ma anche dalla giurisprudenza italiana ed europea, si propone di individuare il punto di equilibrio fra  tentazioni simboliche e profili garantisti insiti nell’attuale diritto penale dell’immigrazione, al fine di tracciare le possibili coordinate per la costruzione di politiche che, sulla base di una corretta comprensione del fenomeno migratorio, sappiano contemperare le esigenze di ordine pubblico e di sopportabilità economico-sociale dei flussi con i canoni di garanzia imposti dalla Carta costituzionale e dall’ordinamento sovranazionale.