Somaliland lo stato che non esiste

E’ sempre stato difficile stabilire i confini di qualsiasi entità, imperiale, statale o nazionale in Africa. E questo per la particolarità del suo immenso territorio e per l’estrema diversificazione dei suoi popoli divisi per etnia, lingua, tribù, clan, famiglie che si aggregavano momentaneamente per poi dividersi nella frequente mobilità territoriale. Il risultato è che la tanto criticata carta politica degli stati africani, tracciata con matita e righello dalle potenze colonialistiche europee, è diventata quasi immodificabile e quei confini restano labili se non virtuali. Il paradosso di questa situazione è rappresentato dal Somaliland, uno degli stati più stabili, organizzati e democratici dell’Africa, ma non riconosciuto da nessun stato pur essendo indipendente dal 1991. L’attuale Somaliland, dopo la presenza di diversi sultanati, fece parte del vasto Regno di Axum per poi passare all'Impero ottomano. Quando questo iniziò a decadere, le subentrò l'Egitto di Isma'il Pascià che dominò l'area per tutto il decennio del 1870, evacuando la zona solo nel 1884. In quell’anno, con la Conferenza di Berlino, iniziò una lunga lotta sanguinosa in cui tre stati si contendevano la Somalia: Italia, Gran Bretagna e Francia che si spartirono il suo territorio. I britannici stabilirono il Protettorato della Somalia Britannica nel 1886 dopo la ritirata dell'Egitto e il trattato con la cabila Uarsangheli. L'area meridionale, occupata dall'Italia nel 1892, divenne la Somalia italiana. La parte più settentrionale del territorio fu data alla Francia, che stabilì la Somalia Francese, costituita dai territori di Afars e Issas, l’attuale Gibuti. Il Somaliland britannico era null’altro che un posto di transito sulla rotta verso la perla dell’impero, l’India e garantiva il controllo di questa area dalle mire francesi e degli italiani. L’occupazione straniera non fu però indolore e la resistenza ad essa si espresse con la guerra dei Dervisci che durò vent’anni, fino al 1920, guidata dal poeta, studioso e politico somalo Mohammed Hassan chiamato dagli inglesi il “Mullah pazzo”. Nel corso della seconda guerra mondiale, nell'estate 1940, le truppe italiane occuparono la Somalia Britannica, ma la controffensiva inglese nel 1941 riportò le truppe britanniche in tutta la Somalia. Quando nel 1949 le Nazioni Unite diedero la Somalia in Amministrazione fiduciaria alla Repubblica Italiana, il Somaliland rimase territorio britannico. L'indipendenza dalla Gran Bretagna fu ottenuta il 26 giugno 1960 come Stato del Somaliland e un referendum popolare ne stabilì l'unificazione alla Somalia Italiana e la creazione della Repubblica Somala. Il Primo ministro dello Stato del Somaliland, Mohammed Haji Ibrahim Egal, divenne così un Ministro della Somalia unificata. Nel 1991 la guerra civile portò al collasso del Governo centrale somalo e l'ex-Somalia britannica si autoproclamò Repubblica del Somaliland, che non venne riconosciuta dalla comunità internazionale. Questa situazione dura ancora oggi nonostante il Somaliland sia uno degli stati africani più stabili. La presenza, quasi in incognito di questo stato, è diventata più eclatante in quest’ultimo anno per la firma di un Memorandum d’intesa (MoU) con l’Etiopia. I termini dell’accordo prevedono la possibilità che le merci etiopi possano accedere al Mar Rosso sfruttando il porto di Berbera, ampliato e sviluppato con capitali degli Emirati Arabi Uniti, e la concessione ad Addis Abeba di una zona costiera lunga dai 5 ai 10 km che consentirebbe all’Etiopia di costruire una base militare. L’Etiopia, che non ha accesso al mare, sfrutta oggi il porto di Gibuti per i suoi commerci ed è alla ricerca di una necessaria diversificazione per una economia in rapido sviluppo. Dal MoU il Somaliland si aspetta in cambio che Addis Abeba avvii un percorso volto al riconoscimento della sua indipendenza. Nonostante i tempi e le modalità di implementazione non siano ancora stati chiariti, il MoU ha fatto deflagrare l’intero Corno d’Africa, attore composito di quell’area fondamentale dei commerci mondiali che è il Mar Rosso e lo stretto di Aden. Si è così coagulato un fronte antietiopico formato dall’Egitto, in contenzioso con l’Etiopia per la famosa diga sul Nilo, l’Eritrea, in contrasto per confini incerti e la guerra del Tigray, Gibuti, per la paventata riduzione dei suoi commerci e la Somalia preoccupata per la sua desiderata integrità territoriale. In questa situazione si è subito inserita la Turchia di Erdogan con le sue consuete proposte di mediazione. Se aggiungiamo che Gibuti ospita basi e contingenti militari di otto paesi compresa l’Italia, abbiamo la fotografia di un affollamento in questo spicchio di mondo forse pari alle strade di Rimini a Ferragosto. In tutto questo il Somaliland deve destreggiarsi in politica estera tra i tanti interessi geopolitici ed economici, per trovare gli sponsor al suo riconoscimento internazionale come fu Clinton per il Kosovo, per il quale sorge oggi una statua nel centro di Pristina. Nel frattempo dovrà stare attento alle dinamiche interne perché i clan familiari somali, le cabile, possono facilmente cambiare bandiera mettendo in discussione sia presunte identità nazionali che confini scritti sulla sabbia, come la storia africana ci ha insegnato.


Davide Fabbri

SCHEDA SOMALILAND